L’utilizzo delle società di capitali per detenere il risparmio, pone l’investitore di fronte ad opportunità, assieme a problematiche che possono mettere in seria crisi lo strumento giuridico scelto.
di Enrico Bartoccioni – Dottore Commercialista
Capita a volte, di trovarsi di fronte a società di capitali con iscritte nell’attivo importanti somme di denaro, apparentemente senza uno scopo preciso. Si tratta sovente enti “relitti”, reduci da dismissioni di immobili, cessioni di partecipazioni o rami di azienda. Raramente sono stati costituiti con il solo scopo di gestire il risparmio. Da qui la domanda del cliente di poter sfruttare le opportunità fiscali offerte dallo strumento societario, magari trasferendone la sede in un paese estero, oppure di procedere alla sua liquidazione.
Una risposta non é sicuramente facile dal momento che, accanto ad alcuni innegabili vantaggi di cui godono le società commerciali, la schizzofrenia del legislatore, ha creato tutta una serie di vincoli e limitazioni al fine di impedirne un loro utilizzo “improprio”, che possono trasformare lo strumento in una vera e propria trappola per gli incauti investitori.
Vantaggi fiscali propri di una società di capitali rispetto alla gestione degli investimenti come persona fisica o Società Semplice.
L’ aspetto più evidente, é la possibilità per la società, di compensare gli utili e le perdite prodotte dai vari strumenti finanziari in cui ha investito, cosa non scontata per l’investitore persona fisica, dal momento che per quest’ultimo, le Obbligazioni generano redditi di capitale e le Azioni (capital gain) redditi diversi (Art.44 e 67 D.Lgs 917/86). Sicché una minusvalenza azionaria non può essere portata in deduzione con il reddito generato dalla riscossione di una cedola da obbligazione. Cosa che al contrario avviene, se a gestire il portafoglio é una società di capitali.
Altro vantaggio, per la gestione societaria, é rappresentato dalla possibilità di riportare indefinitamente le perdite finanziarie, utilizzandole al 100% se generate nei primi tre anni di attività e all’80% successivamente. Come sappiamo, la persona fisica può farlo solo per 4 annualità, periodo spesso troppo limitato per compensarle tutte. Se poi il singolo opta per la popolare gestione di risparmio “amministrato”, la situazione si aggrava, qualora detenga 2 conti deposito titoli, della stessa natura, presso due banche differenti, di cui uno generi plusvalenze e l’altro minusvalenze. In questo caso non può nemmeno procedere alla compensazione.
A completamento di quanto sopra, ricordiamo che il risparmiatore persona fisica, subirebbe lo stesso trattamento fiscale e andrebbe incontro agli stessi svantaggi, qualora si costituisse con altri in Società Semplice.
Le imposte e le relative aliquote nel concreto. La persona fisica e la società semplice, appaiono in vantaggio.
Come premesso, essendo una società di capitali, l’Ires grava sull’effettivo reddito netto per il 24%, mentre la persona fisica subisce una tassazione del 26% su dividendi che difficilmente può abbattere con perdite di anni precedenti o di diversa natura. Per contro, gli utili dovranno essere lasciati all’interno della società, salvo subire un’ulteriore ritenuta a titolo di imposta del 26%, in caso di distribuzione.
Sempre in caso di gestione del risparmio mediante l’uso di società, la tassazione può calare drasticamente per talune tipologie di investimento, qualora sia possibile applicare la Pex (Participation exemption), in virtù della quale le plusvalenze sono esenti per il 95% del loro ammontare, in determinate condizioni (Art.87 DPR 917/86). Avremo quindi un’imposta netta dell’ 1,2%, sempre a patto di non distribuire successivamente gli utili.
La società può beneficiare anche dell’ACE (Deduzione per incrementi del capitale proprio), in virtù del quale può dedurre dal reddito di impresa (pur con delle limitazioni) una percentuale pari all’ 1,3% della variazione in aumento del proprio capitale, conseguito dal 2011 (il cosiddetto rendimento nozionale).
Una riflessione merita anche l’Irap (Imposta Regionale sulle Attività Produttive), che la Risposta n.266/2021 dell’Agenzia delle Entrate indica applicabile con aliquota ordinaria al 3,9% sebbene secondo le disposizioni delle normali società industriali e commerciali (Art.5 D.Lgs 446/1997). Pertanto tutto ciò che esula dalla differenza fra A) Valore della Produzione e B) Costi della Produzione (quindi anche i proventi da attività finanziarie) non rileverà come base imponibile del tributo e l’Irap non sarà applicata. Ovviamente, il tutto se la società non risulterà una holding, (ex. Art.162 bis del Tuir) nel qual caso avremo un’aliquota maggiorata dal 4,65% al 5,72% ed una base imponibile allargata.
Nonostante quanto appena esposto, nel complesso, con una ritenuta a titolo di imposta del 26% o del 12,50% in caso di titoli di stato, le persone fisiche e le società semplici appaiono in vantaggio sulle società di capitali, la cui convenienza andrebbe vista caso per caso, in relazione alle tipologie di investimento effettuate, alla possibilità di applicare la Pex all’1,2% e di compensare gli utili con le perdite.
Legge di bilancio 2023: la rivalutazione delle partecipazioni in società quotate. Non possibile per le società di capitali residenti.
Con la legge finanziaria del 2023 é possibile rivalutare anche le partecipazioni in società quotate ed affrancare le plusvalenze in caso di cessione del portafoglio titoli pagando un imposta sostitutiva del 16% rispetto all’ordinario 26%. Sicuramente la società di capitali per detenere il risparmio, non può accedere a questa facilitazione, dal momento che Legge 28 dicembre 2001, n. 448, la contempla per tutti coloro che agiscono al di fuori del regime di impresa, salvo siano società non residenti.
Per contro, le persone fisiche potranno così affrancare ai fini fiscali, le plusvalenze di natura finanziaria, relative ai titoli, alle quote o ai diritti negoziati di cui all’art.67 Comma 1 lett.c e c bis, posseduti alla data del 1 gennaio 2023. La rivalutazione, da effettuarsi mediante perizia giurata, permetterà di rideterminare il valore normale al mese di dicembre 2022, al posto di quello di acquisto.
Per gli ultimi sviluppi normativi, in materia di rivalutazione delle partecipazioni, vedi anche:
“Rivalutazione partecipazioni e terreni 2023, ora anche per le società quotate.”
Per chi detenesse partecipazioni tramite società estere, anche in paradisi fiscali, segnaliamo l’articolo:
“La rivalutazione delle partecipazioni. Opportunità per alcune società non residenti”
Società di capitali per detenere il risparmio, utilizzata anche come immobiliare.
Oltre che per la gestione della liquidità e degli investimenti mobiliari, la società può certamente venire utilizzata come immobiliare, nel qual caso, avremo una tassazione Ires al 24% sui entrambi i proventi relativi alla gestione delle attività immobiliare e finanziaria, mentre l’Irap al 3,9% rimarrà confinata solo alla prima, restando la seconda sempre non imponibile.
La gestione dell’immobiliare consente di dedurre, oltre alle menutenzioni straordinarie, anche quelle ordinarie, cosa non possibile per le persone fisiche. Inoltre, qualora il numero degli immobili fosse rilevante, sono deducibili anche gli oneri di gestione ed amministrazione, oltre alla possibilità di detrarre l’Iva. Per contro, in materia di tassazione dei ricavi, non risulta possibile applicare la cedolare secca sulle locazioni (10-21%) come per le persone fisiche e le Società Semplici, ma queste saranno assoggettate alla tassazione ordinaria Ires 24% e Irap 3,9%.
In caso di cessione degli immobili, le plusvalenze risultano tassabili, mentre non lo sono per le persone fisiche e le Società Semplici, se hanno detenuto i beni per più di 5 anni.
La trasmissione delle quote sociali agli eredi, evita l’applicazione dell’imposta di successione.
Per una società di capitali per detenere il risparmio e gli immobili, il passaggio generazionale é un momento in cui, si evidenziano i maggiori vantaggi fiscali. L’imposta di successione non é dovuta se gli eredi (coniuge o discendenti) si impegnano a proseguire l’attività per un periodo non inferiore ai 5 anni (Art.3 c. 4ter. D.Lgs 346/1990).
Oltre a ciò, il trasferimento di azienda per causa di morte, non costituisce realizzo di plusvalenze, gli eredi assumono l’azienda ai medesimi valori fiscalmente riconosciuti nei confronti del dante causa (Art.58 c.1 D.Lgs 917/87).
Il risparmio così conseguito non sarebbe di poco conto, in particolare di fronte ad ingenti patrimoni liquidi che, altrimenti, andrebbero in contro al pagamento dell’imposta di successione per la parte eccedente il milione di euro. Il tutto da inquadrarsi anche nella prospettiva di un possibile aumento delle aliquote e una diminuzione delle franchigie.
La normativa sulle società di comodo pone una pesante ipoteca sul concreto utilizzo di questo strumento giuridico.
Non ultimo per importanza, é il prolema costituito dalla normativa sulle società di comodo, introdotta dall’art.30 della legge 724 del 1994 e successive integrazioni. Con essa, il legislatore si propone di individuare e sanzionare, le società in cui esiste una sproporzione evidente tra beni patrimoniali e valore della produzione, tanto da far presumere una loro “non operatività”. Vengono così previste percentuali di redditività da applicarsi agli asset aziendali, con lo scopo di accertare sei ricavi dichiarati, siano compatibili con un’effettiva gestione non di comodo della società, al di la dell’oggetto sociale dichiarato.
Le possibilità di non applicare la norma sono molto basse, con le istanze di interpello disapplicativo sovente respinte dall’Ageniza delle Entrate. In caso di non superamento dei test, oltre all’obbligo di dichiarare un reddito minimo sia ai fini Ires che Irap, sono previste pesanti sanzioni come l’impossibilità di richiedere a rimborso l’eventuale credito Iva risultante dalla dichiarazione annuale e il divieto di riportare le perdite fiscali. L’aliquota fiscale Ires aumenta, dal 24% fino al 34,50%.
Rispetto al caso trattato in questo articolo, ad essere interessati sono proprio gli investimenti finanziari e la loro redditività, il cui coefficiente é previsto nel 2%. La Circolare dell’Agenzia delle Entrate 25E del 2007, li individua nelle Azioni, negli strumenti finanziari similari, nelle obbligazioni o negli altri titoli in serie o di massa di cui all’ Art.85 c.1 lettere c), d) ed e) del TUIR. Il portafoglio investito dunque, deve rendere almeno il 2%, pena incorrere nelle sanzioni in precedenza elencate, cosa non certo scontata viste le non brillanti prestazioni dei nostri mercati finanziari. Rientra nella fattispecie, anche la disciplina relativa alle società in perdita sistemica.
Su queste ed altre problematiche, in materia di società di capitali per detenere il risparmio, i nostri professionisti forniscono assistenza completa, sia sotto il profilo giuridico e fiscale che per le possibilità di investimento finanziario, aggiornando il cliente, sulle opportunità offerte dai più moderni strumenti di investimento sul mercato.
N.B. Se desideri maggiori informazioni sugli strumenti societari al fine di gestire al meglio il Tuo patrimonio familiare, in particolare il risparmio, vedi anche:
“S.P.F. Società di Gestione del Patrimonio Familiare. LUSSEMBURGHESE”